Gianni Morandi: “Temo la malattia e la sofferenza”

"So già quale canzone passerà in TV quando morirò".

Gianni Morandi Temo il morire, la malattia e la sofferenzaGianni Morandi Temo il morire, la malattia e la sofferenza
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Oltre a ripercorrere la sua carriera professionale, l’intervista di Gianni Morandi al Corriere Della Sera ha lasciato spazio anche alla sua vita privata. In particolare, Morandi ha fatto una confessione profonda: “Temo il morire. La malattia, la sofferenza “. Nonostante questa paura, il cantante ha rivelato in modo scherzoso quale canzone verrà trasmessa in TV il giorno della sua morte: “Però so già quale canzone passerà in TV il giorno della mia morte: ‘Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte’. Per gli italiani quella resta la canzone che mi rappresenta di più. Perché si canta sorridendo”. 

Adriano Celentano il mio mito

Gianni Morandi ha raccontando i numerosi incontri e collaborazioni che hanno segnato il suo percorso artistico. Adriano Celentano che definisce “il mio mito e lo è ancora adesso”: “Ci sarei andato, ma mi sconsigliarono: nel Clan c’era un solo capo, lui. Ci riprovò anni dopo. Mi convocò a casa a Milano, c’era anche Mina, e disse: ‘Facciamo un nuovo Clan. Come in America: Sinatra, Dean Martin e Sammy Davis. Così Sanremo, Cantagiro, Canzonissima li organizziamo noi. E abbiamo anche la ragazza del Clan’ disse indicando Mina, che era libera. Io però ero sotto contratto con la RCA. Era una grande idea, ma non se ne fece nulla”.

Il successo di “Andavo A Cento All’Ora” e Renato Zero

Nell’intervista ha raccontato i dettagli del suo esordio musicale nel 1962, quando aveva appena 18 anni: “Il ritornello l’aveva scritto un minatore emigrato in Belgio: ‘Andavo a cento all’ora per trovar la bimba mia, tantatanta…’. Però c’era solo quello. Il resto lo scrisse Franco Migliacci, l’autore di ‘Volare’ con Modugno. È una storia incredibile, che dimostra quanto sono fortunato. I nastri Geloso con i provini erano accatastati in alto, ne cade uno, si attorciglia attorno alle gambe di Migliacci, cui pare un segno del destino. Lo ascolta e chiede: ‘Di chi è questa voce?’. ‘Di quel ragazzino tutto storto di Bologna…’. ‘Facciamola cantare a lui’”. Ha condiviso dettagli sulla scoperta e produzione di Renato Zero, sottolineando il ruolo di Franco Migliacci: “Il merito fu di Migliacci. Lui e io avevamo un’etichetta discografica, la MiMo: Mo stava per Modugno, cui subentrai io, senza cambiare il nome. Renato lo prendevano tutti in giro, magro magro nelle sue tutine aderenti, i capelli lunghissimi sulle spalle; ma si capiva che era geniale. Nel 1971 cantai a Roma al teatro Brancaccio: i miei coristi erano Renato Zero, Mia Martini e Loredana Bertè. Purtroppo non si trova più la foto”.

Contestazioni e critiche e la rinascita grazie a Mogol

Un periodo difficile nella carriera di Gianni Morandi durante gli anni ’70, quando dovette affrontare la reazione del pubblico giovane: “Mi fece molto male. Dovevamo suonare in tanti, Milva, Lucio, io, prima dei Led Zeppelin. A Ezio Radaelli, l’organizzatore, l’avevo chiesto: ‘Sei sicuro che sia una buona idea?’. E lui: ‘Fidati, sarà un trionfo!’. Salgo sul palco, e si alza un boato. Mi giro verso Radaelli, che mi sorride: ‘Hai visto?’ Solo che era un boato al contrario. Guardo il pubblico e capisco che ero diventato il simbolo di quello che detestavano. Esattamente il tipo di cantante che non volevano più. Non avevo ancora 27 anni, e sembrava già tutto finito. Mi ritrovai le giornate vuote. Mi ero separato da Laura, lei era andata a Roma, i nostri figli Marianna e Marco rimasero con me. Li portavo a scuola e non avevo niente da fare. Decisi di iscrivermi al conservatorio”. La rinascita la deve a Mogol: “Un giorno mi chiama Mogol, che aveva rotto con Battisti. Penso voglia propormi una canzone. Invece mi dice: ‘Tu sai giocare a pallone? Voglio mettere su una squadretta di cantanti, per ora siamo io e il Guardiano del Faro’. Rispondo di sì, coinvolgo Riccardo Fogli, Pupo, Umberto Tozzi. Chiedevamo ai parroci i campetti per allenarci. ‘Un giorno riempiremo lo stadio Olimpico’ disse Mogol. In effetti, con la Nazionale cantanti, è successo. Secondo Mogol dovevo cantare in modo diverso, finalmente si decise a farmi incidere un disco: ‘La gente penserà: chi è questo grande cantante? Certo, se si accorgono che sei Gianni Morandi, siamo rovinati’. Mi gelava con queste battute feroci; però ci volevamo bene”.

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