“Challengers” di Luca Guadagnino

Fritto misto di sesso e tennis dove la trama è un optional (fastidioso).

"Challengers" di Luca Guadagnino."Challengers" di Luca Guadagnino.
La cine-cologa

Ah, che bella cosa il potere dello sport di unire le persone! Per non parlare delle coppie di amici e amanti che hanno la fortuna di condividere la stessa passione. Ma quando si parla di tre persone che succede? Nasce Challengers, film di Luca Guadagnino che celebra l’affiatamento dei triangoli… sportivi? Anche se il titolo tradotto significa letteralmente ‘Sfidanti’ e potrebbe confondere e far pensare a un grande match tra campioni di tennis, in realtà si tratta di un grande match per entrare nelle mutande di Tashi Duncan, interpretata da Zendaya. Patrick Zweig interpretato da Josh O’Connor e Art Donaldson interpretato da Mike Faist sono i due disgraziati che da grandi amici che erano, quasi fratelli, finiscono per odiarsi e infine amarsi di nuovo. Ma perché prima si amano, poi si odiano, poi si amano? Andiamo a vedere quanto il tennis in questa storia non c’entri praticamente nulla. Anzi, meglio: andiamo a vedere come niente c’entri nulla con niente.

Una racchetta per marito

Art e Patrick sono grandi amici e detengono insieme il titolo di doppio allo US Open Junior. Tutto va bene fin quando non incontrano Tashi Duncan, promessa del tennis. Alla fine di una festa la aspettano, la invitano in camera e quando a notte inoltrata lei arriva si aprono le danze su un ambiguo triangolo di baci, dove prima tutti e tre, poi soltanto Art e Patrick, si controllano vicendevolmente le tonsille a suon di colpi di lingua. Abbandonate le aspirazioni da otorinolaringoiatra, Tashi si alza dal letto e lascia i due amici con una promessa: darà il numero (e qualcos’altro) a uno dei due se batterà l’altro.

Giusto per ficcare il tennis da qualche parte e non solo lingue in gola, i due si sfidano, vince Patrick e finisce a letto con Tashi. Che fa Art? Niente, a parte la serpe in casa. Aspetta che tra i due succeda qualcosa di brutto per insinuarsi e prendere il posto dell’amico. Ah, che amore fraterno! Ad ogni modo, sempre per infilarci in mezzo il tennis, Tashi parla solo di questo, pure durante l’amplesso. Non a caso Patrick non è proprio felice e glielo fa notare e così si lasciano. Perché? Perché a lei importa solo del tennis. Viene da chiedersi perché non risolvere il gap vestendo la racchetta con uno smoking e uscendoci insieme a cena, per poi sposarlo e procreare piccoli figli-racchetta. Ah no, lì saremmo scesi nella fantascienza e qui il genere è ben diverso: drammatico, sentimentale e pure sportivo.

Non è fantascienza

Andando avanti nella storia possiamo anche capire se davvero il genere del film corrisponda alla descrizione. Allora, eravamo rimasti a Tashi e Patrick che si lasciano. Lei poi ha una partita durante la quale poggia male il piede e si spappola i legamenti (presumibilmente). Da lì la notizia che non potrà giocare più a quei livelli e l’arrivo provvidenziale di Art che (serpe in casa, lo abbiamo detto) non aspettava occasione migliore per prendere il posto di Patrick e mandarlo a quel paese. Ma non erano quasi fratelli? Boh, non frega niente a nessuno, sono tutti senza pensieri e senza rimorsi. Tanto che Tashi e Art si sposano e hanno pure una figlia di cui, in realtà, si sa poco e niente per tutto il film, dove appare come se fosse un accessorio stile borsa Chanel.

Nel frattempo – direte voi – Patrick si sarà rifatto una vita? Neanche per sogno. Sono passati un numero esagerato di anni e sono rimasti tutti esattamente al punto di partenza. Quindi Patrick è ancora ossessionato da Tashi, che a sua volta è ossessionata da Patrick che a sua volta vuole fare pace con Art, che a sua volta non vuole, e non vuole più nemmeno giocare a tennis. Spezziamo una lancia per lui, dal momento che del tennis, in effetti, non si parla se non come un mezzo per ottenere amplessi e mantenere in piedi matrimoni. Sì, perché Tashi che ha saputo da Art la faccenda del volersi ritirare lo dice chiaro: “se perdi questo incontro ti lascio”.

In barba al matrimonio, a una figlia insieme, all’anello della nonna di Art che Tashi porta al dito, la coppia non si capisce come si regga in piedi. In realtà ce lo dice Patrick che la notte prima del torneo Challenger dove si sfiderà con Art (già sposato, già papà) finisce per consumare una notte di passione con Tashi che lo incontra di notte, in vestaglia, in mezzo alla bufera (si perché c’è un tempaccio). In pratica, mentre Art dorme non proprio beato visto che sua moglie gli ha appena detto che lo lascerà se perde, Tashi scrive a Patrick e se la svigna, uscendo in fretta e furia dalla stanza dell’hotel dove alloggia. Quindi, semi-svestita, sale in macchina di Patrick che guida per un po’ in mezzo al quasi uragano Katrina, si ferma, litiga con Tashi e finisce per farci sesso.

Ma perché è accaduta questa roba? Per creare un colpo di scena? No, per ricordarci che il film è drammatico, sentimentale e sportivo… tutta questione di coerenza filmica. Allora: drammatico perché, insomma, se non è un dramma il matrimonio di Tashi e Art non si sa cosa lo sia; sentimentale perché abbiamo a che fare con tre ciclotimici in preda a emozioni varie, che vanno principalmente dalla rabbia al desiderio sessuale; sportivo perché di tennis in qualche modo si parla, pure durante il sesso. Quindi vengono rispettati tutti i canoni, i canini e anche i canotti del genere.

Agenda, carta e penna

Ma poi come va a finire? Tashi va a letto con Patrick e nella massima incoerenza non ammette che vuole farlo ma che si tratta in realtà di merce di scambio per ottenere qualcosa da lui: “perdi contro Art”, gli dice prima dell’amplesso, “ne ha bisogno”. E Patrick, che evidentemente ha l’amor proprio di un utensile da cucina, dice vabbè e ci va a letto ugualmente. Ma alla fine rispetterà il patto? No. Cioè un po’ sì, un po’ no, non è chiarissimo ma del resto cosa lo è? Durante l’incontro Patrick fa un segnale ad Art per fargli capire che è andato a letto con Tashi. E Art che fa? Impreca, sbatte la racchetta per terra e poi? E poi, che bello, all’insegna dello sport i due giocano come ai vecchi tempi e fanno una partita bellissima, e si sorridono e pure Tashi dagli spalti esulta e alla fine si abbracciano tutti. Perché hanno ritrovato lo spirito giusto del tennis? No, perché fondamentalmente Challengers dice una roba chiarissima: che, anche se non ha senso, si può fare. La coerenza è un concetto superato e personaggi che non evolvono, impossibilità di identificarsi con qualcuno di loro, sport e sesso frullati insieme sono il nuovo must have per l’estate, come i prodotti beauty.

In tutta questa coerenza narrativa non abbiamo detto una cosa essenziale, cioè che il film è un continuo andirivieni di date che ti sbattono da una parte all’altra della vicenda: 13 anni prima, 1 giorno dopo, 2 giorni prima, Oggi, Ieri, Domani… 757 ore, 68 minuti e 23 secondi. Insomma, cosa importante per godere appieno di Challengers è procurarsi un’agendina utile per segnare le date. Se proprio ci si vuole divertire si può creare una piccola tabella delle volte in cui la parola tennis viene utilizzata con jolly per ogni discorso e un piccolo grafico con i nomi dei personaggi e organigramma per vedere in che modo sono connessi. Se poi non ne avete voglia rimane sempre la soluzione più veloce: uscire dalla sala o anche non entrarci proprio, fate voi.
Game, set, match.

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