“Saltburn” di Emerald Fennell

Tanti "carini insulti sessuali" tra ricchi necrofili (e un po' co*lioni).

Saltburn: Tanti "carini insulti sessuali" tra ricchi necrofili (e un po' co*lioni).Saltburn: Tanti "carini insulti sessuali" tra ricchi necrofili (e un po' co*lioni).
La cine-cologa

Ah, che bello andare a Saltburn! Dove si trova? No, quella faccenda che è una città reale è stata solo la prima cosa che è venuta in mente da dire alla regista, Emerald Fennell. L’origine del nome è tutta un’altra. A parole sue, cioè della Fennell: “Quando ho sentito il nome sembrava un insulto sessuale. Ma davvero carino. Come una puntura piacevole. E penso che il film sia più o meno questo.” Non avrei saputo dirlo con parole migliori.

Ricchi e poveri

Ad ogni modo, Saltburn, oltre ad essere un “insulto sessuale di quelli carini”, è anche la storia di Oliver Quick, interpretato da Barry Keoghan, e Felix Catton, interpretato da Jacob Elordi. Oliver, per gli amici Olly, è al suo primo giorno all’Università di Oxford dove sono tutti ricchissimi e lui no. Sono tutti socievoli e lui no. Sono tutti sorridenti e lui no. Una cosa, però, Olly ce l’ha, dice lui: una famiglia disastrata, con padre e madre tossicodipendenti, e un’espressione eternamente bastonata.

Con Felix si crea subito un legame perché Olly gli presta una bici che sì, lui avrebbe potuto comprarne 50 solo con la paghetta settimanale, ma vuoi mettere la bellezza del gesto? Felix decide pure di portarsi a casa Olly per l’estate, a Saltburn e Olly per ringraziarlo studia ogni modo per manipolare tutta la sua famiglia, ucciderla e prendere possesso del villone clamoroso dei Catton. Ah, l’amore!

Tutti a Saltburn!

Saltburn, che più che una casa è la Reggia di Caserta versione inglese. Un luogo pittoresco, pieno di gente pittoresca e con un nome pittoresco. C’è il simpatico Duncan, domestico sempre attento a comparire alle spalle di Oliver come uno spettro, e la sorella bizzarra di Felix, Venetia, che gira mezza nuda in giardino (con quelli che sembrano 20 gradi sotto zero), proprio sotto la finestra di Oliver.

Ci sono pure i genitori di Felix, chiaramente: un uomo bizzarro e una donna con la fobia delle barbe incolte che, cascasse il mondo, faranno sempre conversazioni all’insegna del cliché. Muore un’amica? Che modo assurdo di attirare l’attenzione. Figlio morto nel labirinto di siepi davanti casa? Il nome sulla lapide chissà se starà bene. Muore pure la figlia? Si staccano assegni per mandare via gli ospiti. Insomma, nel pieno della coerenza del bene che si vogliono, i Catton hanno questa tradizione di famiglia di fare come se niente fosse. In tutto ciò, però si perde il focus centrale della storia: Oliver ha mentito.

Le bugie hanno le mani lunghe

Ebbene sì, Oliver si è rivelato un disgraziato che si è preso gioco un po’ di tutti, di Felix soprattutto. Scoperto l’inganno, il rampollo Catton interrompe l’amicizia con Oliver e poi (che caso) muore. Ma, alla fine, Oliver, lo ama? Dice di sì. Poi di no. Poi di sì, poi di nuovo no. Ad ogni modo Olly, romanticissimo, spia Felix mentre in bagno si masturba, beve dal fondo della vasca quanto rimane e, non pago, una volta sepolto, inzuppa il biscotto nella terra smossa di fresco. Scene d’amore? No, macché. La Fennell l’aveva detto subito: si tratta di un “insulto sessuale carino”.

Finale a passo di danza

Comunque con un poco di ironia ed un soffio di necrofilia, potrai capir che cosa il film vuol dir… cioè che: basta un poco di menzogna e la pillola va giù! I Catton vanno giù e Saltburn va più giù! Basta un poco di Oliver e nessuno lì c’è più, nessuno lì c’è più! E, non a caso, tutto si chiude con Oliver che si dimena nudo per la casa vuota sulle note della canzone di Sophie Ellis Bextor, Murder On The Dance Floor, in una chiusura degna di un musical che non può non evocare Mary Poppins e l’esigenza che qualcuno sistemi la trama del film. Del resto, il genere è un gothic pop, se non l’avessi detto.

E allora che ci portiamo a casa da questo viaggio? Due amici, amore-odio, più nudi che vestiti, fiumi di alcol e sesso strano, menzogne, infamate varie, ma una canzone fichissima alla fine. E vien da dire che la riuscita dell’idea originale della Fennell arriva tutta: portiamoci a casa questo “insulto sessuale carino” che è il regalo della regista a tutti gli spettatori. Ma davvero, Fennell… che ti abbiamo fatto di male?

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