Genio della comunicazione o manipolatore senza scrupoli? Vittima del sistema o suo più abile carnefice? Fabrizio Corona: Io sono notizia è la nuova docuserie in cinque episodi, dal 9 gennaio in esclusiva su Netflix, che prova a rispondere a queste domande raccontando molto più di un personaggio. Al centro, quello che promette di essere il ritratto del Belpaese dagli Anni ’90 a oggi.
Non, dunque, una biografia del “Re dei Paparazzi”, ma un viaggio dentro l’evoluzione del potere mediatico, attraversando l’era berlusconiana, l’esplosione del gossip, l’avvento dei social network e le contraddizioni della giustizia italiana. Un racconto diretto, spesso spiazzante, a volte scomodo.
Figlio di Vittorio Corona, giornalista brillante e outsider dell’editoria degli anni ’80, Fabrizio cresce con il peso di un’eredità ingombrante e il bisogno costante di dimostrare di essere all’altezza. Dove il padre cercava la verità ed è stato progressivamente emarginato, il figlio sceglie un’altra strada: entrare nel sistema per dominarlo dall’interno.
Corona trasforma il gossip in uno strumento di potere, fa del denaro la misura del successo e dell’affetto. Ma soprattutto insieme a Lele Mora costruisce un impero basato sulla mercificazione delle vite altrui. Le fotografie diventano moneta, le celebrità prodotti, la notorietà un’arma.
Il punto di svolta arriva con Vallettopoli. L’inchiesta per estorsione trasforma il golden boy dei paparazzi in un nemico pubblico, ma allo stesso tempo consacra definitivamente il personaggio Fabrizio Corona. Da quel momento, la sua vita diventa uno spettacolo continuo, una sequenza di eccessi, cadute, resurrezioni mediatiche e dichiarazioni incendiarie che dividono l’opinione pubblica.

La docuserie racconta questa spirale tra processi, prime pagine e reality della vita reale, in un universo popolato da figure surreali e situazioni tragicomiche dove i confini tra vero e falso si fanno sempre più labili.
Fabrizio Corona: Io sono notizia è una produzione Bloom Media House, diretta da Massimo Cappello e scritta da Marzia Maniscalco e dallo stesso Cappello. L’art direction è affidata a Davide Molla, mentre la produzione porta la firma di Alessandro Casati, Marco Chiappa e Nicola Quarta.

