Claudia Pandolfi: “Ho imparato a non concentrarmi sulle critiche”

"Il teatro non mi è mai piaciuto e mai mi piacerà".

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Protagonisti

Claudia Pandolfi ha condiviso la sua esperienza di vita e carriera in un’intervista al Corriere della Sera. L’attrice è su Prime Video con The Bad Guy 2 e ha ricordato la nascita del suo successo. Poche settimane fa ha compiuto cinquant’anni: “Sono concentrata sull’oggi, sul vivermi il tempo che mi riguarda nel migliore dei modi. Non vivo di rimpianti“.

‘Troppo televisiva’ per il cinema

Ho cominciato a fare questo lavoro per caso, notata da Michele Placido a Miss Italia. Il primo che me lo ha fatto fare per davvero, con un ruolo importante, è stato Riccardo Milani e poi è arrivato Paolo Virzì“. Il regista è stato decisivo per la sua carriera: “Assolutamente sì, anche per essersene fregato di quello che si diceva all’epoca, cioè che fossi troppo televisiva. Virzì, nel 1997 ha scelto Claudia per il suo film Ovo sodo che ha avuto un impatto fondamentale per l’attrice: “È uno dei ruoli più importanti della mia vita. Da lì si sono mossi dei blocchi e le cose non si sono mai fermate”.

Durante la sua carriera, Claudia Pandolfi ha spesso sentito dire che fosse ‘troppo televisiva’ per ambire a una carriera nel cinema: “Lo ripetevano tutti alla mia agente, anche dopo un buon provino. Figuriamoci poi dopo il successo, del tutto imprevedibile, di ‘Un medico in famiglia’. Lì ho imparato a non concentrarmi troppo sulle critiche e a imparare che alcune addirittura ti fortificano. Per carità, il dissenso disturba… però, ecco, basta non prendere troppo sul serio le cose. E lo stesso vale anche per il consenso: nel tempo mi sono un pochino raffreddata, diciamo che preferisco rimanere tiepida“.

Le difficoltà con il Teatro

Claudia Pandolfi non ha mai amato il teatro e ha rivelato: “Il teatro. Non mi è mai piaciuto, da subito. E mai mi piacerà. L’esibizione a teatro crea una alienazione che non sopporto, un isolamento in cui conta solo la tua performance. Per me recitare è un lavoro collettivo, fatto di tante persone che lavorano vicine. E poi questa cosa che ogni volta la performance deve essere impeccabile se no è un disastro perché il pubblico è li che ti vede: ma uno sulle défaillance cresce, a me serve un regista che mi aggiusta, io sono diventata più brava grazie a quello e quello mi appaga, non l’applauso del pubblico che ho davanti. Non ho bisogno di quel tipo di consenso. Il teatro, semplicemente, non mi ha fatta sentire a mio agio e non mi ha gratificata da tutti i punti di vista. Mentre sul set ci starei sempre“.

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