Umberto Tozzi: “Il rap non mi trasmette nulla”

"Il problema della musica di oggi è che mancano le canzoni".

Umberto Tozzi: "Non ascolto il rap non mi trasmette nulla"Umberto Tozzi: "Non ascolto il rap non mi trasmette nulla"
Musica

Umberto Tozzi si è raccontato in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Dove ha spiegato come sono nati alcuni dei suoi più grandi successi. “Ti amo è nata sulle colline di Firenze, a casa di Giancarlo Bigazzi con la mia chitarra. Le femministe mi distrussero, dicevano che era un atteggiamento maschilista. E invece quell’immagine mi era venuta pensando a mia mamma che abbracciavo quando tornando a casa la trovavo a stirare. Non è mai esistita una vera Gloria, era semplicemente una parola che suonava fantasticamente bene su quel riff musicale”.

La chitarra il mio rifugio

Il cantante ha anche parlato della sua malattia, un tumore alla vescica: “Dopo 2-3 anni terribili dovuti alla mia cartella clinica affronto la vita con una filosofia diversa. La salute è veramente tutto. Non avevo mai toccato prima di allora la non felicità del poter non esserci più”. E poi parlando di droghe svela: “Una volta mi fece male, ma molto male, fumare hashish e non ho più toccato nulla. Questo rifiuto fisico mi ha salvato. Nelle compagnie che frequentavo ai tempi in cui suonavo per strada a Torino c’era anche chi si bucava o chi faceva rapine in banca. La chitarra è stata il mio rifugio. L’ho scampata”.

Non sanno scrivere

Umberto Tozzi esprime una visione critica sulla musica di oggi: “Noi eravamo dei santi in confronto… Non ascolto il rap: è giusto che ci sia, ma non mi emoziona, non mi trasmette nulla. Il problema della musica di oggi è che mancano le canzoni, forse perché non le sanno scrivere. Non credo si possa diventare come Michael Jackson con quello che sento in giro: lui invece emoziona ancora”.

La critica ha spesso etichettato Tozzi come artista da hits estivi: “Dicevano che facevo canzoni per l’estate. Quando hai successo in molti ti vogliono distruggere. Ero preso di mira. Mi sentivo in imbarazzo, ero visto fuori luogo, non gradito. Facevo quello che mi piaceva fare, e il risvolto sociale e politico lo tenevo per me. Avevo anche poco tempo per seguire cosa dicevano questi geni”.

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